Londonderry

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Saturday, November 27, 2010

«Le mie critiche all'islam? Sono sempre della stessa idea»


IAN MCEWAN. A Roma la prima italiana del suo esordio operistico “For You” con Michael Berkeley e l'incontro con gli studenti della Sapienza in subbuglio: «Supporto la vostra lotta, ma la cultura non deve dipendere dalla politica. L'era della Thatcher insegna».


di Antonello Guerrera - Il Riformista 27/11/10

Roma. Sarà colpa del freddo e dell'ora mangereccia, ma la città universitaria della Sapienza di Roma non sembra in bollente subbuglio. La sempre vivace facoltà di Lettere e Filosofia si mostra poco appariscente nella protesta contro il ddl Gelmini. Qualche ritaglio di giornale a tema affisso alla vetrata dell’ingresso e poco altro. Nell’ampia e quasi colma Aula I, invece, l'atmosfera è più calda, il popolo c’è, si vede e si sente. Studenti imbottiti e matricole pseudorasta, professori di passaggio e curiosi di ogni età. Alle 12 e 36, sei minuti dopo la tabella di marcia, arriva il Godot agognato. Si materializza Ian McEwan. Scrosciano gli applausi.
Completo scuro, camicia chiara, pelle lucida, i soliti gioviali, liscissimi capelli bianchi. McEwan è alla Sapienza per presentare la prima italiana di For You, l'esordio operistico in combutta con il compositore britannico Michael Berkeley, classe 1948. Una dark comedy dal finale sorprendente che non tralascia temi cari a McEwan come il potere e il sesso e che si inscrive nella tradizione novecentesca di Literaturoper, Maeterlinck, Auden e Cocteau. La presentano così i padroni di casa Isabella Imperiali e Franco Piperno, sul palco con McEwan e Berkeley. For You è un'opera da camera in due atti di cui l’autore dell’ultimo Solar (Einaudi) ha scritto il libretto: «Berkeley mi ha tormentato 25 anni per questa collaborazione. L’ho composta sul modello classico 10x10 (ossia dieci minuti per ognuna delle dieci scene, ndr) ma non mi sarei fidato di nessun altro al di fuori di Michael. Quando scrivo romanzi mi sento un dio perché scrivo quello che mi pare, come librettista mi sento un angelo perché l’opera è di proprietà del compositore».
Giusto il tempo di ricordare che For You, la cui premiere si è svolta giovedì al Teatro Olimpico di Roma, replicherà stasera, sempre sullo stesso palco, alle ore 17,30, ed ecco che Piperno ammette di essersi dimenticato l’accorato appello di una studentessa dell’università, che inciterà i suoi colleghi a non mollare nella lotta contro «la classe dirigente di 60enni/70enni». Terminato il minisermone, McEwan si associa allo scoramento generale e dichiara di comprendere la resistenza degli universitari italiani di fronte all’austerity «autodistruttiva»: «Checché se ne dica la cultura è fondamentale per la vita intellettuale, ma anche economica di un Paese».
Iniziano a scoppiettare le domande degli astanti a McEwan, mentre il povero Berkeley viene ignorato, all’ombra di una colonna della letteratura mondiale troppo alta per lui. McEwan è compiaciuto delle domande semplici ma genuine a cui viene sottoposto. Una studentessa gli chiede se i suoi personaggi negativi sono un tentativo di esorcizzare il futuro, nell'apotropaica speranza di non diventare mai come loro. Vedi il professor Beard di Solar che, invece di concentrarsi sulla ricerca, pensa solo ai rinfreschi della lobby ambientalista. «Spero di no, perché Beard ha avuto cinque mogli e io preferirei non andare oltre due matrimoni. Ma da Omero in poi, la letteratura mondiale ha sempre preferito i cattivi. Semplicemente perché sono più interessanti dei buoni. Penso che l’unica eccezione di successo in questo senso sia stato Tolstoj». Allora McEwan si chiede da solo: possiamo perdonare l’amoralità nella vita di un artista? «Questo è un credo che ha avuto molta fortuna nell’era romantica, ma io non sono d’accordo. Come ho fatto intendere in Amsterdam, a un artista non deve essere concesso di comportarsi male. Forse nel corso di un secolo possiamo fare uno strappo alla regola: Beethoven sì, Dylan Thomas no. Ma l’arte migliore è proprio quella che viene espressa nell’ambito delle regole e dei principi della società».
Un’altra studentessa chiede a McEwan il suo rapporto con la musica e dei temi ricorrenti tra For You e Chesil Beach: «Bah», rimugina McEwan, «sono stato sempre un grande appassionato di musica, da ragazzo suonavo il flauto ma poi ho lasciato perdere. Ascoltavo rock 'n' roll, jazz, ma la mia vera passione è senza dubbio la classica. E Bach il mio primo grande amore». Immancabile il capitolo sesso, altro elemento che gli ha fatto guadagnare il famoso soprannome “Ian Macabre”. Basti pensare all'ultima, cruenta disavventura genitale che accenna nella prima parte di Solar: «Sarà stata colpa degli insegnamenti di Freud, ma davvero negli anni Sessanta pensavo che tutti i rapporti personali, nel futuro, si sarebbero basati sul sesso. E invece, mi sbagliavo». Si vede che le apparenze ingannano i comuni lettori, in particolar modo quelli italiani.
Appurato che gnocca & Co. tirano meno di quanto si pensi, offriamo a Ian McEwan due domande al prezzo di una. First: come giudica il futuro della cultura nella sua Inghilterra, martoriata dai tagli del duo Cameron-Osborne? Second: ha cambiato giudizio sull’islam dopo che nel 2008 lanciò a mezzo Corriere della Sera dure critiche ai suoi precetti? Rimpalla McEwan: «Non sono tempi facili per la cultura britannica oggi, Blair e Brown avevano addirittura raddoppiato i fondi alle arti. Ma è anche vero che c’è gente che soffre tagli più drammatici di noi. Tra l’altro, credo che la creatività sia stimolata nei periodi di crisi e la rabbia generi arte. Non a caso, in un altro periodo di tagli radicali, quello della Thatcher, è esploso il teatro inglese. La cultura deve imparare a non dipendere totalmente dai politici». Cala un mite gelo in sala, visti i tempi che corrono. «E poi», insiste lo scrittore, «una cosa sono i tagli a un genere complicato come l’Opera, altro caso è quello della letteratura: a uno scrittore serve carta, penna, mica altro». La platea appare interdetta. Anche noi, perché McEwan ha scapolato sulla domanda religiosa. Gli chiediamo se il suo dribbling in stile blairiano (direbbe Rankin) sta per un fantasioso no comment. Stizzito, risponde: «Non sono un uomo di fede, ma non ho cambiato posizione su questo argomento. Che sia l’islam o il cristianesimo, per me le religioni sono tutte uguali».

For You
di M. Berkeley e I. McEwan
Teatro Olimpico, Roma
Oggi, ore 17,30

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