Londonderry

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Sunday, November 21, 2010

James Blunt, il milite noto che la musica snob odia



YOU'RE BEAUTIFUL. Cossiga lo amava, la stampa inglese lo detesta. Storia di una star ex soldato che "evitò la terza guerra mondiale" e che canterà a Natale in Afghanistan contro i talebani.


di Antonello Guerrera

Era l’agosto 2009, quando il presidente emerito Francesco Cossiga divenne “Deejay K” nella fortunata trasmissione di RadioDue Un giorno da pecora condotta da Giorgio Lauro e Claudio Sabelli Fioretti. Pioniere della radio online e di iTunes, il picconatore lanciò i suoi cantanti preferiti: Laura Pausini, Michael Bublè e il cantante inglese James Blunt: «Mi piace molto», confermò poi al Giornale. Come «capitano dell’esercito inglese fu tra i primi a entrare a Pristina ai tempi della guerra in Kosovo. Lì scrisse il suo bellissimo brano Carry Me Home, che vuol dire portami a casa». E che Cossiga dedicò a Pier Ferdinando Casini: «Pensavo al ritorno nella Dc», confermò. «Lo sa che Blunt fu anche uno degli ufficiali che trasportò il feretro della Regina Madre? Poi forse ha capito che facendo il cantante avrebbe guadagnato più denari. E in effetti You’re beautiful, che ha composto per la sua prima fidanzata, è una canzone molto commovente».

Chissà come avrebbe reagito “Kossiga” alla notizia che proprio il suo James Blunt (alle anagrafe Blount, cognome «troppo ostico» per le masse) avrebbe sventato la terza guerra mondiale, stando al suo racconto a Bbc Radio 5 di lunedì scorso. È il 1999. Blunt non è ancora una popstar mondiale, bensì ufficiale di cavalleria britannico nel contingente Nato in Kosovo. Duecento russi hanno occupato, prima delle forze alleate, il campo d’aviazione di Pristina. Al che, il generale americano e poi aspirante presidente democrat Wesley Clark ordina di aprire il fuoco al 25enne Blunt, a capo di 30mila soldati. James dice di no e così evita una carneficina dalle conseguenze nefaste. I russi poi desisteranno. Blunt rischia la corte marziale, ma per sua fortuna il generale britannico Mike Jackson lo difende.

Dopo sei anni di mimetica (in cambio di studi gratis in ingegneria aerospaziale alla Bristol University), James Blunt appende le armi al chiodo il primo ottobre 2002 per dedicarsi completamente alla musica. Una scelta che fa storcere il naso alla famiglia, soprattutto al padre Charles, anch’egli militare in carriera, poco avvezzo ai pentagrammi («so suonare solo le campane») e penultimo anello di una interminabile catena familiare devota all’esercito britannico: i Blount vantano un militare, ininterrottamente, da mille incredibili anni, da quando i loro antenati del X secolo arrivarono in Inghilterra dall’attuale Danimarca.

Ma James non ha rimorsi. Infatuato dalla chitarra sin dal liceo a Harrow, Blunt, oggi 36enne, ha continuato a suonare soprattutto nell’esercito. Dove compone la toccante No Bravery, successiva hit mondiale, sulla tragedia dell’ex Jugoslavia. La canzone sarà l’ultima lacrima dell’uragano d’esordio Back to Bedlam (2004), che sarà il disco più venduto in Uk degli anni Zero (12 milioni di copie, più del leggendario Back To Black di Amy Winehouse) grazie a hit memorabili per molti, insopportabili per pochi, come High e You’re beautiful. Che a un certo punto, forse per eccessiva melensaggine, diventa in un sondaggio inglese del 2005 la canzone più odiata della storia della musica.

Plebiscito sintomatico di un atteggiamento spesso pregiudizievole nei confronti di Blunt da parte di una buona fetta di Gran Bretagna, la cui crema portante è la stampa musicale. Quando uscì Back to Bedlam, nessuna testata di grido pensò di recensirlo. Il secondo album All The Lost Souls (2007) è stato subito etichettato come la scia di una meteora già all’orizzonte. L’ultimo Some Kind Of Trouble (appena uscito in Italia per Warner), seppur sia un disco discreto con buoni picchi melensi-melodici (da Best Laid Plans a No Tears) e abbia subito raggiunto il secondo posto della classifica europea dietro il Greatest Hits dei Bon Jovi, ha dovuto aspettare solo qualche ora per essere stroncato dai critici oltremanica. Uno per tutti, Simon Price de l’Independent: «La cosa migliore che possiamo sperare è che questa volta Blunt possa guadagnare abbastanza per comprarsi un’intera isola nel Pacifico (allusione al fatto che Blunt dal 2009 vive a Ibiza, ndr), così non ci scoccerà più».

James Blunt, ex milite noto, faccia da angelo e fucile in braccio, fan di Elton John e ugola in bilico tra Cat Stevens e un eunuco, vita fatta di una chitarra, tre accordi e un ritornello, è antipatico alla stampa per: la vaga riservatezza sulle sue relazioni amorose; il suo accento e fare “posh”, da fighetto, che secondo alcuni non avrebbe mai raggiunto la middle class inglese; e, ovviamente, il suo passato da soldato. Una parentesi bellica, secondo i molti osservatori imbevuti di Jefferson Airplane, fiori nei cannoni e l’oppio de “il mio nome è mai più”, troppo scabrosa per una star della musica. Va peggio, se Blunt si espone su temi tipo: «Ha fatto bene il principino Harry a entrare nell’esercito». Oppure, «il governo non fa abbastanza per le nostre truppe».

Eppure James Blunt non fa apologia della guerra. Per la precisione, la esecra. Epperò, a differenza di altre star della musica, non riesce a voltare lo sguardo di fronte alla tragedia dei suoi ex compagni soldati al fronte, quelli che lo chiamavano “weener” perché era piccolino di stazza e che si stupivano per la freddezza, la briosità e la diplomazia che mostrava nelle operazioni di peace-keeping. Blunt non ha mai approvato le guerre di Tony Blair, né ne canta i valori in quelle poche occasioni che i suoi dischi non parlano di amorucci sfilacciati, affezioni werteriane e angeli sopra Albione. Ma un mese fa è andato a trovare i militari britannici in Afghanistan. Dove tornerà a Natale per esibirsi un concerto storico: «Le voglio cantare ai talebani», ha annunciato.

«James Blunt è un soldato, un gentiluomo e una rockstar», ha dichiarato l’attrice di Guerre Stellari e sua vecchia amica Carrie Fisher. Non solo. È stato anche un campione di sci, supporta Medici Senza Frontiere, è un ecologista (mostra ai concerti il trailer di Una scomoda verità, pianta un albero per ogni biglietto venduto dal proprio sito ad hoc e possiede un prototipo di macchina elettrica della Nasa), ha messo persino in vendita la sorella su eBay, facendole così conoscere il suo attuale fidanzato. Ma senza la guerra non sarebbe mai stato quel «di tutto un po’» che lo rende speciale, e bizzarro, di fronte ai colleghi, dei quali non condivide lo star system e la vita sfrenata: «Amo la purezza del lavoro di un soldato, perché hai a che fare con due cose, semplici ma fondamentali», ha dichiarato in una meravigliosa conversazione con Neil McCormick del Telegraph. «Una è la vita, l’altra è la morte. Nell’industria musicale, invece, hai a che fare con il successo e l’immagine. È solo distrazione». Tuttavia, continua, «riesco a ritrovare quella purezza quando sono in tour. Guardo la gente negli occhi. Cerco solo di raggiungere un altro essere umano mentre canto. Tutto il resto sono sciocchezze». Chapeau.


Da Il Riformista, 21/11/10

2 comments:

  1. complimenti per il bellissimo articolo su james blunt. Il primo che leggo in tanto tempo, che riporta i fatti per come realmente stanno. Inoltre molto ben scritto

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