Londonderry

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Wednesday, August 4, 2010

Sicilia vuol dire Sellerio, da ex impiegata trasformò la periferia in centro editoriale


di Antonello Guerrera
Dei personali comandamenti di Elvira Giorgianni in Sellerio, scomparsa ieri all’età di 74 anni nella sua Palermo, uno era: «Quando lavoro, penso a persone più colte di me, i lettori. È un mestiere che va fatto con umiltà e spirito di servizio. La mia unica ambizione è di cambiare l’immagine della Sicilia». Non a caso, nella gestazione della Sellerio, fondamentale è stato il primo, umile e reverenziale incontro di Elvira con Leonardo Sciascia, delizia portante dell’editore palermitano ma anche croce quando lo stesso scrittore di Racalmuto passa all'ultimo ad Adelphi e i suoi eredi fanno causa a Sellerio nel 2003 per una diatriba di diritti: «Fu mio marito a portarlo a casa nostra», ricordava Elvira a Repubblica molti anni fa. Un luogo, «casa loro», che Sciascia definiva «una farmacia di paese, un posto in cui ci si parla», ovviamente a bassa voce, come si addiceva ai buoni salotti siciliani. «Provavo una certa soggezione per un uomo della sua levatura intellettuale», continuava la Sellerio. «Ricordo che per colpirlo gli dissi che stavo leggendo il Dottor Zivago. Mi guardò, non disse nulla. Ma da quel momento cominciò a darmi consigli preziosi».
In realtà, Elvira Sellerio era anche una donna risolutissima, «umorale e di brutto carattere» (come si autodefiniva), con un brutto rapporto con gli uomini – tanto che la sua casa editrice ha sempre avuto una vastissima maggioranza di impiegati donne. Forse una personale reprimenda per quel lungo sodalizio sentimentale con il più maturo Enzo Sellerio, laceratosi negli anni Settanta. Dopo aver abbandonato una sicura carriera impiegatizia all’ente per la riforma agraria in Sicilia Eras, ecco la scommessa della casa editrice nel 1969, fondata sui 12 milioni di liquidazione ottenuti dal vecchio lavoro. Un ultimo disperato tentativo anche per non staccare la spina a un rapporto vissuto da Enzo in maniera sempre più stanca. Tutto inutile, perché il matrimonio si scinde definitivamente nel 1979 e così anche l’azienda: Enzo cura la sezione dei libri illustrati, mentre la Giorgianni si occupa di narrativa e saggistica.
Ma Elvira Sellerio era una donna forte. E così, nonostante tante difficoltà (ultime il buco finanziario alla fine degli anni Novanta colmato dal boom di Montalbano) ha dato alla luce un autentico miracolo editoriale, superando la “periferia” editoriale degli inizi. Ma Elvira aveva capito che la periferia poteva essere centro, che la letteratura siciliana aveva tanto da dare al resto d’Italia. E così, mentre il Paese si ingorga sempre di più nelle ideologie, Sellerio punta sulla «cultura amena» (come l’avrebbe definita Sciascia) leggera, elegante, ma non vacua. In questo credo si incastra la storica collana “blu Sellerio” della Memoria, “formato tabloid”, segnata da quella storica “S”, che ancora oggi rimane uno storico publishing symbol dopo il primo Il procuratore di Giudea di Anatole France.
Tuttavia, nonostante le premesse “dandy”, la svolta della Sellerio arriverà con un titolo più che politico, ovvero la pubblicazione nel 1978 de L’affaire Moro di Sciascia. L’investitura finale sarà con l’ex sconosciuto professor Bufalino e la sua Diceria dell'untore, esempio magno della filosofia editoriale di Elvira, che leggeva uno a uno i manoscritti che arrivavano, come facevano gli editori veri.
Poi sono arrivati i Tabucchi, gli Adorno, i Carofiglio, la lotta per Adriano Sofri e soprattutto il giallo all’italiana di Lucarelli e Camilleri che hanno riportato in auge un genere che prima si vendeva solo in edicola. Non sono mancati i momenti neri, come le polemiche con l’ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando sull’utilizzo di fondi pubblici. Tutto superato, sigaretta dopo sigaretta, dalla Sellerio, che tra il ’92 e il ’93 ha ricoperto anche il ruolo di consigliere di amministrazione Rai. Un’esperienza che le ha lasciato un'eredità per l'editoria tutta: «Il potere enorme di un certo tipo di comunicazione, ma anche la superiorità del libro come strumento di diffusione di idee».

Da Il Riformista, 04/08/10

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