Londonderry

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Wednesday, May 18, 2011

Perché anche l'Irlanda canta "God Save the Queen" - Intervista a Colm Tóibín



L’ultimo monarca di Londra in visita a Dublino era stato il nonno dell’attuale Regina, Giorgio V. Correva l’anno 1911 e l’Irlanda non aveva certo dimenticato le terribili carestie del 1845 che la regina Vittoria aveva snobbato. Eppure gli annali recitano che «una folla calorosa di irlandesi» accolse Giorgio V, il quale si au- gurò di essere presto emulato dal suo successore. Il XX secolo andò in modo diverso. E undici anni dopo - quasi tre dei quali di guerra - nasceva lo Stato libero d’Irlanda, ma senza le sei contee settentrionali. La calorosa e accogliente Ir- landa non si è però smentita con la visita di Elisabetta II. Visti gli ultimi rigurgiti dell’Ira, anche giornali populisti come Irish Independent e Herald hanno tenuto un profilo molto istituzionale. E i politici locali hanno tessuto ogni lode possibile alla Regina, tra questi persino l’ex acerrimo nemico Gerry Adams. I manife- stanti anti-Regina ieri sono stati poche decine. Il fascino della Co- rona è sempre vivo in Irlanda. E l’ultimo sondaggio dell’Irish Independent dava l’80 per cento dei cittadini favorevole alla visi ta di Elisabetta II.

Certo, non sono mancate le voci fuori dal coro, come quelle dei repubblicani più oltranzisti o di supervip come l’ex leader degli Smiths, Morrissey, nato a Manchester ma di genitori irlandesi, che su Hot Press ha dilania- to la Regina e la monarchia bri- tannica, in quanto «antidemocra- tica» e «fascista». Le note di God Save the Queen nel Garden of Remem- brance di Dublino, che comme- mora gli irlandesi caduti per ro- vesciare proprio il nonno di Eli- sabetta II, sono un affronto per i più intransigenti. Così come la Regina in visita al Croke Park di Dublino, lo stadio dove ebbe luo- go il massacro del Bloody Sun- day del 1920. «Ma pure lì ha già risuonato God Save The Queen e io c’ero: Irlanda-Inghilterra, Cinque Na- zioni di rugby 2007. Ma nessuno se lo ricorda», commenta al Riformista Colm Tóibín, uno de- gli scrittori irlandesi più famosi e apprezzati in Gran Bretagna e nel mondo, autore dell’ultimo ro- manzo Brooklyn(ed. Bompiani). Tóibín, che è cresciuto in una fa- miglia protestante nel cattolico sud dell’isola e aveva un nonno nell’Ira, si dice «entusiasta della visita di Elisabetta in Irlanda, ma anche un po’ triste, perché tutto questo sarebbe potuto avvenire molti anni fa. Sa, gli irlandesi so- no tremendamente simili agli in- glesi. Io stesso, irlandese, ho pub- blicato i miei libri a Londra prima

che a Dublino. Ma va bene così: la storia è affascinante perché ci sorprende sempre». Sulla questione Ulster, Tóibín dice che gli accordi del Venerdì Santo sono oramai una pietra mi- liare per l’intera popolazione: «Il 99 per cento degli irlandesi prova disgusto nei confronti degli ulti- mi atti di terrorismo in Irlanda del Nord. Anche i cattolici hanno ac- cettato la pace, entrando sempre più nelle forze dell’ordine di Bel- fast nonostante le intimidazioni. I terroristi hanno perso». E di suo nonno, militante del- l’Ira, ha un ricordo preciso: «Quello per cui ha combattuto, ossia un’Irlanda libera e indipen- dente, oggi esiste. E io sono fie- ro di essere nato in questo Stato. Il resto non conta». Così i “porci” irlandesi nell’Inghilterra degli an- ni 60, il silenzio di Elisabetta sul mortale sciopero della fame di Bobby Sands, le pungenti ironie del figlio Carlo sui devoti di San Patrizio, oggi contano molto me- no. Del resto, in un momento co- sì arduo per l’economia irlande- se, la visita di Elisabetta II, che pure è costata 30 milioni di euro in sicurezza, sarà, con quella im- minente di Obama, «un grande stimolo per il turismo e per l’eco- nomia», assicurano gli enti turi- stici irlandesi. Insomma, Dio sal- vi la Regina, da oggi anche in Ir- landa.

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