di Antonello Guerrera
Prima del caso Breuer e le sue dichiarazioni sul controverso ddl intercettazioni del governo Berlusconi, nel 2009 l’ex ambasciatore americano in Italia Ronald Spogli si scagliò contro i mali del Belpaese, tra questi la giustizia atrofizzata. Se però la giustizia italiana si muove nei confronti di un cittadino americano, capita che qualcuno storca il naso a stelle e strisce. Ieri il New York Times ha pubblicato un ansioso articolo nei confronti delle indagini su J. Michael Padgett. Un 56enne curatore del Princeton University Museum of Art, al centro di un’inchiesta italiana su «esportazioni illegali e riciclaggio di denaro sporco». «Ancora una volta», si legge nell’articolo del redattore newyorchese Hugh Eakin, «un americano potrebbe rischiare di essere arrestato in uno stato straniero per aver acquisito oggetti d’arte per un museo. Una cosa», prosegue il giornalista, «che molti addetti ai lavori credevano non accadesse più».
Parole forti. Il New York Times dice di aver preso visione del documento che certifica le indagini preliminari nei confronti di Padgett al quale, tuttavia, non è stata ancora formalizzata un’accusa dalla magistratura italiana. Padgett, a cavallo tra 1990 e anni zero, avrebbe acquistato circa 20 opere d’arte (vasi, bronzi e sculture) da Edoardo Almagià, ex studente di Princeton e collezionista più volte incriminato per traffico clandestino di arte antica, ceduta a una moltitudine di musei americani. «Sono innocente», ha detto Padgett al quotidiano americano. «Accuse ridicole», ha dichiarato a ruota il «perseguitato» Almagià. Mentre l’ex direttore del Metropolitan di New York Philippe de Montebello, che proprio con l’Italia ha condotto le trattative per la restituzione/armistizio del Cratere di Eufronio (ora al Villa Giulia di Roma), si è detto «scioccato» dalla notizia pubblicata dal Nyt.
La questione tocca diversi punti delicati. Innanzitutto, ricicla l’eterno dilemma dell’arte “trafugata”, che tra Italia e Stati Uniti negli ultimi anni ha calcato un sentiero avido di polemiche. Non a caso l’articolo ricorda diversi casi spinosi del patrimonio artistico conteso dai due Paesi, tra questi quello della curatrice delle antichità del Getty Museum di Los Angeles Marion True, sotto processo in Italia dal 2005 per associazione a delinquere e ricettazione. «In cinque anni non si è ancora giunti al verdetto», si legge sul New York Times. «Ma la carriera della signora True è già stata distrutta». Ora, la possibilità di un secondo processo italiano nei confronti di un curatore americano ha messo in allarme il quotidiano: «Le autorità di entrambi i Paesi avevano parlato di una nuova era di collaborazione». Ma adesso, «le premesse di una riappacificazione sembrano essere messe a repentaglio».
Eppure, lo riconosce lo stesso quotidiano newyorchese (oltre alla legislazione del nostro Stato), gli accordi di non belligeranza tra musei italiani e americani non escludono assolutamente indagini della magistratura, qualora quest’ultima, in quanto indipendente, lo ritenga necessario. Il Mibac ieri non ha commentato ufficialmente l’articolo del Nyt. Ma la sensazione dal ministero è che comunque tra i due Paesi i rapporti “artistici” rimarranno più che buoni, nonostante l’articolo e nonostante dispute artistiche ancora in gioco, vedi l’ultima vicenda dell’Atleta di Fano reclamato al Getty dal gip di Pesaro lo scorso febbraio. Proprio il Getty, difatti, nell’ambito dello scambio di reperti tra Italia e Stati Uniti, restaurerà prossimamente due apolloi “italiani”, impegnando centinaia di migliaia di euro. E il Metropolitan ha appena prestato I Musici del Caravaggio per la mostra di Roma alle Scuderie del Quirinale. Insomma, il clima disteso tra i due Paesi è destinato a perdurare. Ma nel caso in cui Padgett dovesse, in un futuro più o meno prossimo, venire formalmente incriminato, le reazioni dei quotidiani Usa dopo l'articolo-avvertimento del Nyt potrebbero infiammare (nuovamente) la questione.
da Il Riformista, 04/06/10
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